di Paolo Piovesan
Fino a qui sono stati elencati cinque punti di predisposizione al lavoro da evitare, ma per contro ci sono comportamenti che invece vanno necessariamente adottati per riuscire a “fare”. Entrano allora in gioco alcuni elementi che riconducono al complesso sistema della comunicazione, capaci di spiegare in che modo possiamo presentarci positivamente al nostro cliente o come sia possibile valutare i suoi comportamenti, ma ci aiutano anche a comprendere come i nostri collaboratori possono interagire meglio all’interno della farmacia piuttosto che col cliente, infine svelano perfino come sia possibile ottimizzare il rapporto con gli stessi fornitori.
Vediamo di seguito, quindi, questi altri cinque punti da tener presente per una comunicazione efficace in azienda.
1- Possiamo affermare che nell’ambito comportamentale, in particolare riferendoci a quando parliamo con gli altri, la comunicazione di tipo verbale non sia soltanto quella legata ai contenuti, ovvero a ciò che diciamo. Ci sono, infatti, altre componenti, talvolta assai più importanti, nella costruzione di un dialogo produttivo:
– Innanzitutto esiste (e spesso riveste un ruolo assai più rilevante del “cosa”) anche il “come” lo diciamo; si tratta del cosiddetto paraverbale che è legato ad alcune caratteristiche della voce quali il tono, il volume, la velocità delle parole. Se pensiamo che l’attenzione a un discorso è massima nel primo minuto, capiamo come dobbiamo essere in grado di modulare il nostro paraverbale, altrimenti non saremo seguiti per tutta la durata della nostra esposizione. Vi sarà capitato di subire certi discorsi (riunioni, corsi di formazione, rappresentanti che espongono i prodotti, persone che conoscete, ecc.) ove la cadenza o il tono della voce del vostro interlocutore è sempre piatto, monotono, privo di picchi nella modulazione della voce; dopo pochissimo tempo la vostra mente vola altrove e non riuscite più a concentrarvi sui contenuti dell’esposizione.
– Poi c’è la comunicazione di tipo non verbale controllata dal nostro sistema nervoso autonomo, il che significa che non è facilmente controllabile ed esprime il nostro inconscio. Ad esempio quando una persona si trova in uno stato di tensione e potrà reagire con un eccesso di sudorazione; oppure riscontriamo una reazione di tipo “non verbale” quando le pupille dei nostri occhi si restringono al diminuire del grado di empatia con l’interlocutore.
– Ancora, c’è un’altra forma di comunicazione non verbale che spesso invia segnali molto più rilevanti rispetto alle stesse parole che pronunciamo. Essa è determinata ad esempio da abbigliamento (per questa ragione l’uso del camice è importante nel comunicare il nostro ruolo di professionisti), dall’espressione di viso e degli occhi (se mentiamo gli occhi si distoglieranno per qualche istante dall’interlocutore), dal movimento di mani, gambe e piedi, dalla postura (un segnale di attenzione è rivelato dalla posizione del corpo in avanti).
2- Altro aspetto, non direttamente legato al comportamento delle persone coinvolte nel dialogo, ma che interviene negativamente nel rapporto di una comunicazione interpersonale, è quello legato ai possibili elementi di disturbo provenienti dall’esterno. Segnali che non dipendono quindi da noi ma che possono ugualmente contribuire al fallimento di un colloquio; un esempio lo riscontriamo quando siamo ripetutamente distratti da un telefono che squilla nelle vicinanze, oppure se stiamo parlando con una persona in un posto di passaggio ove continuiamo a salutare gli altri clienti che entrano e escono dalla farmacia; in questo caso, ad esempio, una nostra esposizione anche se estremamente professionale potrebbe essere mal percepita perché infastidita da elementi di distrazione che rivelano una non completa attenzione e dedizione al cliente. Si capisce quindi quanto sia importante, nei propri locali di vendita, poter disporre di reparti che consentano una trattativa priva di elementi di disturbo, tanto più quando la trattativa riguarda vendite di prestigio piuttosto che attività di qualificante distinzione della farmacia.
Un altro paio di accenni vorrei segnalarveli anche a riguardo della cosiddetta programmazione neuro linguistica (forse più nota come PNL) e della analisi transazionale, che probabilmente avrete già sentito menzionare o altrimenti vi capiterà sicuramente di sentirne parlare in futuro.
3- La PNL serve per mettere in evidenza quale dei tre canali (uditivo, visivo e cinestesico) è preferenziale per un individuo al fine di comunicare in maniera più agevole. Si tratta di veri e propri canali di predilezione, assolutamente individuali, per la percezione della realtà.
* Ci sarà quindi l’uditivo che filtrerà i messaggi preferibilmente in base a ciò che sentirà dire; in genere si tratta di persone che amano ascoltare, sono riflessive e tendono a porre molte domande. Un segnale per riuscire a distinguere questa tipologia di individui sono le loro indicazioni nel parlare, del tipo: “mi sappia dire”, oppure “ascolti…”, oppure “le dico una cosa”, ecc.
* Ci sarà la persona visiva che invece è maggiormente attratta da ciò che vede, quindi magari si soffermerà di più sulla vostra esposizione merceologica, sulle vetrine o sull’aspetto delle confezioni più che soffermarsi su ciò che le state spiegando di quel prodotto. Tipiche di questi individui sono espressioni del tipo: “vediamo un po’”, oppure “ guardi dottore…”, oppure “io non la vedo in questo modo”, ecc.
* Il cinestesico è invece colui che è più istintivo, umorale, colui che ama “sentirsi” a proprio agio, che apprezza particolarmente la vostra disponibilità, che predilige le sensazioni più che i fattori oggettivi. Da questo individuo probabilmente vi sentirete dire: “non me la sento”, oppure “mi trovo a disagio”, oppure “voi non mi capite”, ecc.
Ognuno di noi possiede, in percentuali diverse, ciascuno dei tre sistemi rappresentazionali, quindi, allenarsi a individuare il canale preferenziale del nostro interlocutore può evidentemente risultare molto utile nella finalizzazione empatica di un rapporto: all’uditivo potrete raccontare chi siete, al visivo potrete mostrare le vostre prerogative, al cinestesico potrete offrire elementi di rassicurazione.
4- L’analisi transazionale riguarda invece i rapporti tra le persone e si basa sul cosiddetto sistema GAB (che sta per Genitore-Adulto-Bambino). Questo studio afferma come in ognuno di noi coesistono queste tre personalità, le quali emergono in differenti momenti della nostra vita, o giornata, o colloquio.
Il genitore è allora colui che giudica in base a regole ben precise e talvolta può rivelarsi affettivo in talune uscite come nel caso: “Assieme troveremo la soluzione”. L’atteggiamento dell’adulto è invece quello fondato sui fatti e sulle proprie esperienze e ad esempio può manifestarsi con frasi del tipo: “So che è difficile uscire da questa mia situazione”.
Infine il bambino è invece l’atteggiamento istintivo (“mi dica lei come fare per poter uscire da questa mia situazione”), che a sua volta può essere di tipo remissivo, o ribelle, o burlone.
L’analisi transazionale è importante poiché consente di appianare eventuali controversie che possono emergere in un rapporto comunicativo, individuando primariamente se il nostro interlocutore in quel momento sta ragionando per partito preso, oppure se sta pendendo dalle nostre labbra, oppure se invece è venuto per metterci alla prova; in questo modo riusciremo a rispecchiarci nella sua particolare situazione emotiva.
5- Avendo affrontato i precedenti fondamenti della comunicazione interpersonale, non posso evitare l’accenno a un ultimo aspetto che ritengo indispensabile nella scoperta di chi ci troviamo quotidianamente di fronte e ci dobbiamo a rapportare. Si tratta dello studio della scala dei bisogni, ovvero quello che è comunemente rappresentato nella famosa Piramide di Maslow. In essa sono espresse le tipologie di bisogno che variano e si modificano continuamente non solo nell’ambito delle diverse società, ma anche all’interno di uno stesso individuo nell’arco dei diversi momenti della propria vita. La Piramide si compone di cinque livelli che possono essere superati esclusivamente passando al livello successivo, senza saltarne alcuno.
Quindi si parte da:
> livello base, bisogni elementari (quelli di sopravvivenza: bere, mangiare, star bene…).
> secondo livello, bisogni di sicurezza (che nel nostro caso, ad esempio, potrebbe riguardare la ricerca di affidabilità, ovvero di prodotti che non creino problemi).
> terzo livello, bisogni di appartenenza (superata l’esigenza che un prodotto non sia dannoso, la persona ne sceglie uno perché è magari stimolata da un desiderio di emulazione, come ad esempio di un testimonial televisivo).
> quarto livello, bisogni di autostima (la persona assume sicurezze personali, ha superato le precedenti esigenze e si trasforma in un pioniere, uno sperimentatore, uno che per la propria posizione vuole sempre mostrarsi un passo più avanti degli altri accettandone anche costi e rischi).
> quinto livello, bisogni di auto realizzazione (qui la ricerca è ancora più raffinata, non è più sufficiente il prodotto o il servizio innovativo, ma è richiesto il personalizzato, l’individuale, qualcosa che sia fatto su misura in maniera da risultare anche distintivo).
Rispettare i diversi livelli della Piramide è quindi fondamentale nel rapporto costruttivo con le persone. Ad esempio, un cliente del primo livello ha esigenze che lo porteranno a non ascoltarvi nel vostro tentativo di proporre soluzioni estremamente sofisticate, semplicemente perché prima dovrà soddisfare tutte le proprie altre fasi di crescita individuale. Per contro, rischierete di perdere un cliente se lo liquiderete semplicemente con l’offerta di un comune prodotto commerciale mentre egli si aspetta da voi una proposta assolutamente personalizzata.
Se è vero che l’esigenza di salute (necessità primaria, semplice e basilare, che si può riassumere nel “voler star bene”) può farci regredire negli scalini della piramide e quindi nelle richieste, possiamo altrettanto dire come la ricerca di benessere e bellezza riescano invece proiettarci verso la vetta della piramide stessa, perché in questi ambiti i desideri di ciascuno di noi sono infiniti. E le farmacie oggi sono sempre più orientate a soddisfare persone che in realtà sono sane, ma che desiderano continuamente nuove performance.
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Chi è Paolo Piovesan:
Laureato in farmacia e socio in quella di famiglia. Collabora da anni sia con l’industria sia con la distribuzione intermedia sia con le farmacie private sul territorio nazionale. Dopo la laurea si forma sui temi del marketing e della comunicazioneseguendo corsi e attraverso una pratica di due anni con studi di consulenza a Milano.
E’ stato consulente di aziende anche non del settore farmaceutico, che poi ha abbandonato per scegliere la strada della specializzazione. Partecipa così alla fondazione di numerosi gruppi e consorzi tra titolari di farmacia, ed è relatore in corsi di formazione dedicati allo sviluppo imprenditoriale dei professionisti.
E stato consigliere di organizzazioni e associazioni di farmacisti e ha scritto per l’industria alcuni corsi ECM di formazione on-line.
Negli ultimi anni concentra la propria attività al supporto per l’evoluzione delle farmacie nell’ambito di un radicale cambiamento nel mercato di settore.
Recentemente collabora con la Sartoretto Verna Srl per la realizzazione di farmacie vincenti.