Mi riferisco in particolare al concorso straordinario in Piemonte, dal momento che i comuni hanno diritto di prelazione sulle sedi da assegnare, chiedo se esista un limite di tempo entro cui, una volta fatta richiesta da parte del comune e ottenuto anche parere favorevole da parte dell’asl di competenza, avvenga di fatto l’apertura della sede. Vorrei in particolare, se possibile, un chiarimento riguardo all’iter che intercorre tra la richiesta da parte del Comune e l’apertura effettiva (presupponendo la disponibilità dei locali) e se tale percorso burocratico sia vincolato a limiti temporali.
Diversamente da quanto Lei sembra supporre, e dare anzi per scontato, il secondo periodo del comma 3 dell’art. 11 della l. 27/2012 esclude espressamente l’esercizio del diritto di prelazione dei comuni sulle sedi farmaceutiche neoistituite a seguito delle revisioni straordinarie delle piante organiche e dunque inserite nei bandi regionali dei concorsi (altrettanto) straordinari.
Il che naturalmente vale anche per il concorso piemontese.
Il successivo comma 10 riconosce invece ai comuni il diritto di prelazione, ma “fino al 2022”, su tutte le farmacie istituite dalle regioni – ai sensi del comma 1, lett. b), dello stesso art. 11 e perciò al ricorrere delle condizioni ivi previste – “nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili, nelle aree di servizio autostradali, nei centri commerciali, ecc.”, con il limite peraltro “del 5% delle sedi, comprese le nuove” (dopo il 2022 si può supporre che entrino in funzione il criterio generale della “metà” o, secondo i casi, quello dell’“alternanza”, come contemplato nella l. 475/68).
Se perciò, ad esempio, in Emilia Romagna le farmacie attualmente previste in pianta organica – tenuto conto anche delle revisioni straordinarie – ammontano, poniamo, a 1.400, la Regione potrà istituire in soprannumero in queste specifiche aree non più di 70 esercizi complessivi (che, s’intende, non sono pochi…) sull’intero territorio.
E nel caso in cui il comune competente non eserciti la prelazione (il comma 10 parla, impropriamente e un po’ goffamente, di “rinuncia alla titolarità”) sulle farmacie così istituite, queste diventano vacanti e pertanto inserite nel primo concorso ordinario bandito successivamente alla “rinuncia”.
Come si vede, dunque, tutte le sedi istituite con il criterio demografico in dipendenza della modifica del quorum a 1:3300 sono (state) comunque sottratte al diritto di prelazione e vanno comunque assegnate con i concorsi straordinari attualmente in atto.
Gli ulteriori quesiti posti parrebbero perciò privi di un qualche rilievo pratico, anche se sul piano generale si può aggiungere che – una volta esercitato tempestivamente e ritualmente il diritto di prelazione (senza tuttavia che la Asl possa minimamente incidere sulla scelta comunale) in ordine a una o più farmacie di nuova istituzione – ai comuni non si applica, ma in realtà soltanto per… “prassi”, il disposto dell’art. 9 del Dpr. 1275/71, che indica le formalità che entro 30 gg. dall’assegnazione dell’esercizio deve osservare il vincitore.
Nei fatti, quindi, i comuni rinviano anche di gran lunga la data di apertura della farmacia “prelazionata”, senza che l’amministrazione competente (che spesso è proprio il… Comune) si dia la minima briga di fissare termini perentori e/o decadenziali, e perciò in pratica i comuni non decadono mai dal diritto di aprire la farmacia.
Si tratta ovviamente di un’anomalia cui soltanto in rarissime circostanze è stato posto rimedio (personalmente ricordiamo un caso pontino deciso parecchio tempo fa dal Tar Lazio ai danni dell’amministrazione comunale troppo pigra) e del resto non è facilissimo individuare nel concreto – come d’altronde è intuitivo – il soggetto che possa ritenersi legittimato (e/o essere portatore di un interesse economico o materiale) ad agire dinanzi al giudice amministrativo per provocare o accelerare la decadenza del Comune.
La risposta al quesito posto è stata data dallo Studio associato Bacigalupo – Lucidi e Sediva Srl
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