QUALE IL DESTINO DELLE SEDI INASSEGNATE [INOPTATE, RINUNCIATE ECC.] ALL’ESITO DELL’ULTIMO INTERPELLO VARATO NEI CONCORSI STRAORDINARI ENTRO I SEI ANNI?

Articolo di Gustavo Bacigalupo tratto da Sediva News

[Il Tar Puglia sembra credere che per tali sedi lo scorrimento della graduatoria debba continuare anche dopo il compimento del sesto anno dal primo interpello e che quindi – se non abbiamo male inteso il pensiero del Tar – gli interpelli non finiscano necessariamente con l’“ultimo” indetto nel sessennio, dovendo invece comunque proseguire “fino all’esaurimento delle sedi messe a concorso o all’interpello di tutti i candidati in graduatoria”, come indica il comma 6 dell’art. 11 del Crescitalia]

Dalla bravissima Collega che assiste da anni la Regione Puglia – che deve essere per chiunque un “cliente” difficile se non altro per alcune idee un po’ stravaganti [ma non in questo caso specifico] della sua burocrazia – riceviamo l’ordinanza del Tar barese n. 582 del 14/12/2022, che la Collega accompagna esprimendo forti perplessità sul fondamento dei principi sottesi al provvedimento e che naturalmente riguardano il tema indicato nel titolo.

Dunque, la vicenda decisa dal Tar in sede cautelare è la seguente.

Il primo concorrente “non eletto” nel concorso pugliese – collocato cioè in graduatoria immediatamente dopo l’ultimo dei concorrenti destinatari dell’ultimo interpello varato in tempo utile rispetto al compimento del sesto anno dal primo – aveva inoltrato alla Regione istanza “di ulteriore scorrimento della graduatoria”, e quindi nella sostanza, ma forse anche nella forma, per la prosecuzione della procedura concorsuale, nonostante il decorso dei sei anni, ai fini dell’assegnazione delle nove sedi residuate dall’ultimo interpello.

Proprio per la sopravvenuta “inutilizzabilità” della graduatoria [almeno così pensiamo], la Regione respinge la domanda/diffida e la sua nota di rigetto viene impugnata al Tar, che accoglie l’istanza cautelare e sospende la nota fissando la decisione di merito per il lontano 26 settembre 2023, invitando la Regione a “meglio approfondire(?)” – nelle more – “la fattispecie concreta, restituendo una interpretazione giuridica più consona(?) alla natura ultimativa dell’interpello già indetto, al fine di soddisfare l’interesse pretensivo azionato”.

Che ha voluto dire il Tar? Come dovrebbe orientare il suo operato la Regione per non contrastare la non limpidissima ordinanza? Qualcuno potrà forse farsi un’idea leggendo il provvedimento, quel che a noi non è riuscito pienamente.

È sicuro che il Consiglio di Stato se ne dovrà ben presto occupare [e secondo noi riformerà il provvedimento barese], ma ci sembra opportuno – prima delle nostre brevi considerazioni al riguardo – riportare nei suoi passi più conferenti la disposizione qui in discussione che è il comma 6 dell’art. 11 del Crescitalia, che così dispone:

“6. In ciascuna regione […omissis…] A seguito dell’approvazione della graduatoria, ad ogni vincitore sarà assegnata la prima sede da lui indicata in ordine di preferenza, che non risulti assegnata a un candidato meglio collocato in graduatoria. Entro quindici giorni dall’assegnazione, i vincitori del concorso devono dichiarare se accettano o meno la sede assegnata. L’inutile decorso del termine concesso per la dichiarazione equivale a una non accettazione. Dopo la scadenza del termine previsto per l’accettazione, le sedi non accettate sono offerte ad altrettanti candidati che seguono in graduatoria, secondo la procedura indicata nei periodi precedenti, fino all’esaurimento delle SEDI MESSE A CONCORSO o all’interpello di TUTTI I CANDIDATI in graduatoria. Successivamente, LA GRADUATORIA DEVE ESSERE UTILIZZATA, PER SEI ANNI A PARTIRE DALLA DATA DEL PRIMO INTERPELLO effettuato per l’assegnazione delle sedi oggetto del concorso straordinario, CON IL CRITERIO DELLO SCORRIMENTO per la copertura delle SEDI FARMACEUTICHE EVENTUALMENTE RESESI VACANTI a seguito delle scelte effettuate dai vincitori di concorso, con le modalità indicate nei precedenti periodi del presente comma”.

Ora, potrebbe darsi che il Tar intravveda – nonostante la previsione espressa di una sua inutilizzabilità oltre il sessennio, un limite che per tutti noi è sempre apparso insuperabile e allo stesso tempo ineludibile – un’autentica ultrattività, sia pure (come vedremo) sotto alcuni aspetti e per certi fini e quindi parziale, della graduatoria così da permettere alla Regione il suo scorrimento anche dopo il sessennio laddove vi siano ancora “sedi messe a concorso” da assegnare [o, se preferite, non “esaurite”, come dice la norma] e “candidati in graduatoria” ancora da interpellare.

Come forse taluno avrà colto, stiamo tentando – leggendo l’ordinanza con la migliore attenzione – di individuare una possibile chiave di interpretazione di quello che per il Tar potrebbe essere il fondamento della sua tesi, e magari potremmo averla identificata, chissà?, nel diverso ambito di operatività del disposto normativo sulla sorte delle “sedi messe a concorso” rispetto a quello riguardante le “sedi farmaceutiche eventualmente resesi vacanti a seguito delle scelte effettuate dai vincitori di concorso”, tanto più che sembrerebbe irrobustire questa ipotesi interpretativa la costruzione dell’intero comma 6, quando, dopo aver imposto la continuazione della procedura “fino all’esaurimento” ecc., avvia il periodo immediatamente seguente con quel “successivamente” che potrebbe indicare una vicenda tutt’affatto diversa da quella precedente.

E allora, seguendo sempre il filone ermeneutico che stiamo tracciando e non volendo accantonare con eccessiva disinvoltura la tesi del Tar, la diversità tra le prime [le “sedi messe a concorso”] e le seconde [le “sedi farmaceutiche eventualmente resesi vacanti ecc.”] sta in questo.

Le prime dovrebbero in principio essere ASSEGNATE E/O DIVENTARE DEFINITIVAMENTE INASSEGNABILI – con la continuazione dunque della “procedura indicata nei periodi precedenti”“fino all’esaurimento delle SEDI MESSE A CONCORSO o all’interpello di TUTTI I CANDIDATI in graduatoria”.

Alle seconde, invece, che sono quelle diventate disponibili solo nel corso della procedura, e quindi estranee al novero delle sedi originariamente a concorso [ma resesi disponibili perché vacanti per effetto delle “scelte effettuate dai vincitori di concorso”, talché, ad esempio, rientrerà in questa categoria la farmacia rurale sussidiata ubicata in un comune pugliese il cui titolare abbia conseguito definitivamente una sede in questo stesso concorso o in un qualsiasi altro concorso straordinario], la disposizione in argomento potrebbe aver attribuito un ruolo e un destino diversi, quello di essere incluse soltanto negli interpelli successivi [perciò “all’esaurimento delle sedi messe a concorso”] e però, qui sì, non oltre il compimento del sessennio.

Anche noi, beninteso, pur rendendoci conto – come chiunque si può rendere facilmente conto – che l’ultimo periodo del comma 6 è straordinariamente slegato, anche come indicazione letterale dell’area di applicazione, dai periodi precedenti, abbiamo sempre sostenuto, e tuttora ci sembra di dover sostenere, che la formulazione dell’ultimo periodo sia stata circoscritta alle sole sedi vacanti [nel senso appena chiarito] per un errore neppure veniale del legislatore dovendo in realtà intendersi esteso anche alle sedi non accettate, inassegnate, ecc.

Insomma, sempreché il Tar non abbia voluto dire qualcosa di diverso [come potrebbe far sospettare l’ennesimo riferimento a “un’ottica di liberalizzazione e di ampliamento del servizio”, in cui andrebbe ravvisata l’immancabile ratio legis ma anche l’inopinata ratio del bando (?)], secondo i giudici baresi gli interpelli – quindi sia quello invocato dai ricorrenti che gli eventuali altri – devono continuare, con riguardo alle sole sedi non accettate, inassegnate, ecc., fino per l’appunto “all’esaurimento delle sedi messe a concorso o all’interpello di tutti i candidati in graduatoria”.

E soltanto “successivamente”, purché però il sessennio non si sia nel frattempo concluso, potrebbe/dovrebbe – continuando a “interpretare l’interpretazione” del Tar – riprendere lo scorrimento della graduatoria interpellando gli altri candidati [a meno che ovviamente non siano stati già tutti interpellati…] ma per le sole sedi vacanti che di conseguenza, una volta scaduto il sessennio [come nel concorso pugliese], potranno soltanto essere conferite in un successivo concorso ordinario.

Come vedete, restano irrisolti – ancor più nella ricostruzione del Tar – parecchi dubbi, compreso quello che vorrebbe [ma non ci pare che sia questa l’idea che traspaia dall’ordinanza] come semplicemente ordinatorio il termine dei sei anni, rendendo magari quest’ultimo un termine semplicemente discrezionale.

A noi pare che, con tutta la buona volontà, le tesi del Tar si scontrino sanguinosamente con lo stesso dettato letterale del comma 6 dell’art. 11 del Crescitalia, e perciò con l’ennesimo successo del vecchio brocardo “in claris non fit interpretatio”.

Infatti, se siamo d’accordo che nel comma 6 la graduatoria è letteralmente utilizzabile solo “con il criterio dello scorrimento” e che il sessennio rappresenti letteralmente il periodo non tanto e non solo di validità/efficacia della graduatoria quanto piuttosto della sua utilizzabilità, se cioè conveniamo sull’intima connessione nella norma tra l’utilizzo, le modalità di utilizzo e il termine limite di utilizzo della graduatoria, diventa molto complicato – nonostante l’infelice formulazione dell’ultimo periodo della disposizione – configurare una singolare diaspora tra le sedi originariamente messe a concorso e quelle resesi disponibili cammin facendo, e per ciò stesso convenire con il Tar Puglia.

Ma, come sottolineato all’inizio, ci chiarirà tutto il Consiglio di Stato, pur se anche da Palazzo Spada non arrivano sempre certezze.

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